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Rubrica a cura di Giorgio Peruzio.
Salvare il pianeta -
Siamo ancora in piena pandemia, molta parte dell’economia è impantanata tra blocchi, divieti, regolamenti e oneri operativi. La campagna vaccinale sta muovendo con incertezze e ritardi e resta aperto il problema di farla arrivare nei Paesi più poveri, nei quali l’incidenza del Covid-
Il virus è figlio della zoonosi, la zoonosi discende dal degrado ambientale. Covid-
Il futuro è arrivato. Ci ha catturati, ci ha avvolto, è entrato in noi. Oltre ogni consapevolezza. Perché la nostra cultura e i nostri sistemi di governo restavano ancorati al pensiero e alle prassi del Novecento. Ma ora tutti dobbiamo fare i conti con la nuova realtà: trovare il cammino verso una nuova via del progresso dentro nuove complessità. Non c’è da tremare e da rifugiarsi nella fuga. Alcuni importanti riferimenti indicano che la sfida potrà essere vinta. La nuova amministrazione del Presidente Biden vede gli USA rientrare da protagonisti nelle organizzazioni e negli accordi multilaterali: quello sul clima di Parigi, l’OMS, il G7 e il G20. In quell’amministrazione un ruolo fondamentale è affidato a un commissario incaricato di coordinare e guidare la riconversione ecologica. Molti Paesi hanno intrapreso iniziative per anticipare l’obiettivo di emissioni zero rispetto al 2050, che è l’anno indicato negli accordi internazionali. Ma l’elemento forse più significativo è l’orientamento ormai prevalente tra i soggetti che controllano la finanza mondiale. Convinti – sulla base di studi convergenti – che "il business verde è quello che promette i maggiori profitti", grandi fondi di investimento e grandi istituti bancari hanno posto tra i criteri prioritari di selezione per l’assegnazione di risorse e investimenti la sostenibilità ecologica dei progetti. Perfino le principali società impegnate nella produzione di combustibili fossili hanno dirottato fondi e iniziative verso le energie rinnovabili e altri settori di green economy. Si delinea un quadro nel quale enormi flussi di denaro inonderanno le attività per riconvertire l’economia in direzione della sostenibilità. Finanza e tecnologia saranno le leve per un nuovo modello di sviluppo. Possiamo essere ottimisti, ma non illuderci che un roseo futuro sia lo sbocco naturale delle tendenze in atto. I decenni a cavallo del cambio di millennio hanno reso evidente che le spontanee derive dell’economia non generano progresso e benessere, ma forzano dinamiche di consumo e di distribuzione dei redditi dall’effetto devastante: un’economia dissipatoria accompagnata a divaricazioni sociali e disuguaglianze sempre più accentuate. Le grandi potenzialità della scienza e del lavoro hanno bisogno di un indirizzo sorretto da ideali fondati sull’umanesimo. Una visione del futuro sostenibile in chiave sinergica: ecologica, economica, sociale, esistenziale. L’accelerazione verso il futuro – innescata dalla strozzatura causata dalla pandemia – non dovrà essere rallentata ma controllata. C’è bisogno del ritorno della politica "alta". Quella dall’orizzonte lungo, che governa per le generazioni future e non per accaparrare voti nella più vicina elezione. L’allentamento delle politiche di bilancio, l’immissione di investimenti in dimensioni multiple delle più spregiudicate manovre di bilancio del passato, offrono agli Stati l’opportunità di guidare la riconversione dell’economia. Anche perché, come nel piano Next Generation UE approvato dal Parlamento europeo, quote prevalenti dei fondi sono destinate proprio alla "transizione verde". Alla politica, quindi, va chiesto di orientare i progetti, di controllare il segno e il senso dello sviluppo verso la sostenibilità, di stabilire criteri e obiettivi sui quali convogliare anche gli investimenti privati che integreranno e affiancheranno quelli pubblici. La consapevolezza strategica degli attori governativi dovrà essere praticata in rapporto diretto con le assemblee elettive, in un processo di responsabilizzazione generale fondato sull’attenta partecipazione di tutti i soggetti sociali e, alla fine, di tutti i cittadini.
Tenere alta l’attenzione, in una dialettica continua di informazione-
Giorgio Peruzio è nato a Torino. Per molti anni dirigente pubblico in Piemonte, ha insegnato Diritto Previdenziale all’Università degli Studi di Torino. Impegnato nella ricerca e analisi sociale, fu presidente dell’Associazione IRES L. Morosini di Torino. Dopo svariate opere di taglio professionale e saggistico, raggiunta la pensione ha iniziato a dedicarsi alla letteratura di genere poliziesco, pubblicando due romanzi. Vive a Viareggio dal 2017 con la moglie. I suoi interessi per le scienze sociali, la letteratura, l’arte, la musica, la storia, i viaggi, emergono dall’articolazione del sito web www.giorgioperuzionarra.it.
Dal 2019 è membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Medusa.