Jannacci a Teatro 1964 - Medusa

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Jannacci a Teatro 1964

Musica
 

Enzo Jannacci : “In Teatro” (1964)
Nota critica di Fabio Landi

Assolutamente folle, assolutamente geniale : Enzo Jannacci “rimbalza” tra gli estremi di questa antinomia unica nella storia della canzone italiana d’autore. L’invenzione del non-sense nella lirica e nella prosa delle sue composizioni,  ha sempre straniato l’attenzione dell’ascoltatore, coinvolgendolo in una grottesca parata di personaggi e situazioni, appunto, prive di senso ed al tempo stesso colme di tragedia, farsa, solitudine, sentimenti, comicità.  “Silvano, non valevole ciccioli” canta Jannacci in uno dei suoi pezzi più swingati: che diavolo vorrà dire?! Domanda sbagliata: nell’amore le parole non contano, conta la musica... In quasi cinquant’anni di carriera, l’incontenibile, solidale umanità di Jannacci ha abbracciato ogni tipo di personaggio: telegrafisti col cuore infranto, operai innamorati di lenti a contatto, improbabili ladri di polli, pali  che non servono a niente,  perché  non sentono e non vedono nulla fino all’arrivo della madama, puttane che rendono impossibile l’amore platonico. E poi ancora: guidatori di taxi perseguitati da fratelli sadici,  addirittura foruncoli:  sì, foruncoli colpevoli della fine di amori troppo fragili. E un filo conduttore che lega il destino di tanti derelitti senza possibilità di riscatto, una domanda :  ma perché? Perché no! Perché non c’è un motivo, ma un muro, insuperabile, imperscrutabile,  dove sbatte inutilmente ogni tentativo di comprendere il mondo, le sue ingiustizie, il suo significato. Ma perché? Perché no! Su questo abisso imperscrutabile, ostile, kafkiano, finiscono per infrangersi torti e ragioni, assimilati nell’ombra di un disegno ignoto ed incomprensibile.   “Prete Liprando e il giudizio di Dio”, sulla falsariga delle giullarate di Dario Fo, racconta di un prete ribelle condannato dal Papa di turno a camminare sui carboni ardenti, che miracolosamente attraversa la pira fumante uscendone illeso. Ma, oltre a Liprando, l’altro protagonista della storia è un anonimo spettatore mescolato tra la folla,  che osservava la scena col fiato sospeso e che, a causa della calca, non riesce a vedere niente del miracolo. Insomma, uno dei tanti che, pur essendo testimoni di fatti destinati a sconvolgere la storia della civiltà, nemmeno se ne accorgono! E’ anche in brani come questo che emerge l’angolazione visuale di Jannacci, sempre acuta, sempre dissonante ed attenta al significato delle piccole esperienze  e delle persone invisibili che le attraversano. Mi imbattei in questo fantasmagorico mondo di invenzioni alla fine degli anni sessanta, dopo aver acquistato  “Jannacci in Teatro”,  del lontano 1964.  “Would you believe in a love at first sight?”. Se me l’avesse chiesto Ringo Star, cantando: With a little help from my friends, gli avrei risposto senza esitazioni: sì, a me è successo con le canzoni di Jannacci!  A cantare le lodi di Enzo Jannacci e l’immensità della sua perdita, paragonabile a quelle di Giorgio Gaber e di Dario Fo, ci sarebbe certamente la fila degli appassionati: rischierei di ripercorrere  critiche e consensi già espressi da altri, meglio di me, in chissà quante occasioni. Preferisco allora suggerire di mettere sotto la lente di ingrandimento due doti  meno celebrate di Enzo: la voce ed il canto. Una voce bellissima, ricca di sfumature, intensa ed un canto straordinariamente innovativo, capace di valorizzare la conoscenza che Enzo aveva della musica brasiliana: Chico Buarque de Hollanda su tutti, ma anche Joao Gilberto, l’inventore del canto “anticipato” o “ritardato” rispetto al ritmo della musica. Un esempio? Prendete il doppio album dal vivo: “Trenta anni senza andare fuori tempo”, l’interpretazione da parte di Enzo di “Bartali” , il brano di Paolo Conte. Sentirete la voce di Enzo costantemente in anticipo o in ritardo sullo swing dell’orchestra, un fuori tempo  cercato, che spiazza continuamente l’ascolto. Ma quando la musica e la voce paiono per un attimo camminare su strade e su tempi sfalsati, ecco che Jannacci le riprende per mano, le lascia andare e le riprende ancora, portandole alla meta di una virtuosismo canoro non comune. Jannacci ha cantato come nessuno un’ umanità che aspetta, aspetta  giorni migliori, nuove inutile speranze. Proprio come  Pedro Pedreiro  -  testo di Jannacci, musica di Chico Buarque de Hollanda –- un uomo  pensoso che aspetta il tram, un uomo che domani forse dovrà aspettare ancora, per il bene di chi è senza un soldo, mentre il tempo passa, aspettando il sole, aspettando il tram, aspettando sempre quel famoso aumento, che non viene mai. Pedro Pedreiro aspetta l'allegria e la fortuna col biglietto della lotteria, mentre la moglie sta aspettando un figlio, che un domani aspetterà anche lui. Perché è questo il destino degli sconfitti, degli ultimi, dei senza speranza di cui Enzo ha narrato tante storie, dei barboni della cui vita e della cui morte non importa niente a nessuno. Si sa, quando un clochard con le scarpe da tennis muore dentro una macchina in demolizione, è meglio lasciar stare, pareva che dormisse... tanto è roba da barboni.

 
 
 

Fabio Landi è nato e vive a Roma , è sposato e ha due figli. Sociologo di professione, dirigente pubblico e professionista, si è occupato a lungo soprattutto di contrasto all'esclusione sociale, fasce deboli e politiche comunitarie di coesione. Il suo cuore batte da sempre anche per la musica, il cinema e la letteratura. Lo scorso luglio 2020, preso il coraggio a due mani, ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti : "L'odore delle emozioni." .

 
 
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