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Rubrica a cura di Giorgio Peruzio

 
 

Difesa dell’ambiente e sostenibilità
Di Giorgio Peruzio

Anche il Comune di Viareggio, come centinaia di altre istituzioni locali, ha deliberato, nel novembre 2019, l’emergenza climatica e ambientale. Il tema è all’attenzione generale e la pandemia ne amplifica le proporzioni.Il neoeletto presidente Biden ha posto tra i principali impegni della sua amministrazione la lotta al cambiamento climatico, riportando gli Stati Uniti nell’ambito dell’accordo di Parigi con il quale, nel 2015, 190 Paesi adottarono un piano per combattere il surriscaldamento del pianeta.Ma le buone notizie, da sole, non tranquillizzano. Un efficace contrasto al degrado delle condizioni ambientali sconta alcuni rischi:
 l’illusione che dipenda soltanto da grandi scelte strategiche dei principali attori sulla scena internazionale;
 la banalizzazione, che lo riduce a specifici ambiti;
 la sottovalutazione della dimensione sociale dell’impatto delle politiche orientate alla salvaguardia dell’ambiente.
Il degrado del nostro pianeta e delle condizioni di vivibilità per tutti noi investe l’insieme delle condizioni nelle quali si esprime l’interazione tra umanità e ambiente:
 l’aumento costante delle temperature medie provoca lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento dei mari;
 l’inquinamento si manifesta nell’aria, nelle acque, nel terreno;
 nella catena alimentare è massiccia la presenza di sostanze chimiche tossiche o comunque nocive;
 deforestazione, desertificazione, cementificazione seguitano a impoverire la biodiversità e i grandi bacini naturali della Terra.
Nell’intreccio tra tali fenomeni e ad alimentarli prosegue il dominio di un modello di civiltà imperniato sul consumo dissennato di risorse. La continua rincorsa ad avere, a bruciare velocemente cose ed esperienze, provoca la dissipazione, nella quale l’impiego di beni naturali supera la loro capacità di riproduzione, impoverendo progressivamente il pianeta.
Ed ecco che l’ecologia, per trovare risposte in grado di invertire la china verso l’autodistruzione, deve interessare anche il versante sociale.Questo è il significato di un altro termine ormai quasi abusato: sostenibilità.
Nella pagina che la nostra Associazione dedica all’ambiente, la sostenibilità verrà declinata nella sua accezione comprensiva e multistrato.Offriremo riflessioni generali che si tradurranno in approfondimenti puntuali, intorno ai quali promuoveremo incontri pubblici, con il coinvolgimento di esperti, scienziati, istituzioni, organizzazioni di scopo.
Metteremo a disposizione un’agenda per segnalare le iniziative che ci parranno significative e rilevanti per l’affermazione della sostenibilità. Proporremo comportamenti orientati alla sostenibilità, perché la sfida per salvare il pianeta richiede anche la sommatoria di piccoli gesti, cambiamenti (anche individuali) di abitudini nocive all’ambiante. La coerenza tra questa linea e la promozione della cultura sta nella convinzione che il sapere e il sentimento, la scienza e l’arte sono le leve per restituire all’umanità il senso del suo essere, ora oscurato (quando non travolto) dalla brama dell’avere.





 
 

Il destino del pianeta e l’economia delle fonti energetiche

Nel 2019 venne pubblicato Un green new deal globale, di Jeremy Rifkin. Un libro ancora decisamente attuale, la cui lettura consiglio a tutti. L’autore, con l’ottimismo di chi collabora a costruire progetti di ampio respiro, in Europa e in Cina, delinea una visione planetaria di medio e lungo periodo sull’avvento della terza rivoluzione industriale, che segnerà l’abbandono dei combustibili fossili e il passaggio alle energie rinnovabili (solare ed eolico in primo luogo). Rifkin vede all’orizzonte una società nella quale l’obiettivo della salvaguardia ecologica, l’arresto e inversione dell’emergenza climatica, cambierà, insieme all’economia, le dinamiche del lavoro e sociali. La sua proposta vuole rilanciare l’essenza del «capitalismo sociale», un modello economico pragmatico in grado, nel breve orizzonte temporale che abbiamo di fronte, di accelerare la transizione verso un’era a emissioni prossime allo zero. Non è facile aderire alla sua visione progressista, perché troppo poco si sta muovendo in quella direzione. La descrizione, lucida e serena, degli scenari tecnologici, di mercato e di equilibri democratici che attraversano il saggio, ci consegna un grande dilemma, insieme portentoso e tragico, comunque straordinario e storicamente fondato. Tutte le grandi trasformazioni economico/tecnologiche hanno comportato un massiccio intervento statale, con l’immissione di ingenti investimenti diretti e l’attrazione, altrettanto imponente, di capitali privati. Ciò fu e sarà necessario per consentire l’infrastrutturazione, materiale e culturale, che distribuisce a tutta la società i benefici delle nuove ricchezze attivate.Il dilemma, quindi, è il seguente: sapranno i governi gestire e indirizzare le risorse, nei tempi e modi efficaci per realizzare la conversione alle nuove fonti energetiche e la creazione di una rete intelligente e flessibile per una loro efficiente e democratica distribuzione?
L’alternativa è l’avanzamento del degrado ambientale (cambiamento climatico e non solo) e l’accaparramento delle nuove ricchezze generate dal prevalere delle energie rinnovabili da parte di alcuni colossi privati, con l’esasperazione della divaricazione tra pochi ricchi sempre più opulenti e le masse impoverite. Il tema della disuguaglianza, la scomparsa del ceto medio, il dominio dell’economia di carta (finanziarizzazione) che degrada e marginalizza il valore del lavoro, sono strettamente dipendenti da questa mutazione dei cicli di produzione legata alla sostituzione delle fonti energetiche primarie. Questi sono i grandi temi che la politica dovrebbe affrontare. Le ingenti risorse finanziarie mobilitate per far fronte all’emergenza sanitaria e alla conseguente drammatica crisi economica possono essere l’occasione per una svolta nelle politiche produttive e commerciali, mettendo al centro dei progetti che le informeranno una rinnovata strategia della sostenibilità globale. Questa è la sfida che misurerà la capacità di visione del futuro dei leader che guideranno il mondo. È miope e pericoloso vendere messaggi di prosperità a breve, quando serve l’impegno per costruire condizioni di sviluppo, libertà, equità sociale e progresso sull’orizzonte del decennio. La svolta, sostiene Rifkin, è attesa tra il 2030 e il 2050. In quale direzione, dipende da tutti noi. C’è poco tempo, ma c’è ancora tempo per riflettere, decidere, agire. Mettendo insieme ragione e competenze, restituendo un senso alla politica come concreta realizzazione degli ideali e non scontro emotivo tra tribù contrapposte.
Giorgio Peruzio


 
 
 
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